Sono 485 le Case di Comunità (CdC) con almeno un servizio attivo alla fine del 2024 rispetto alle 1.717 strutture previste, ossia il 28% di quelle programmate. Quelle con tutti i servizi obbligatori attivi e con la presenza medica e infermieristica – h 24 e 7 giorni su 7 nelle CdC Hub e 12 ore al giorno per 6 giorni a settimana nelle CdC spoke – sono appena 46, meno del 3% del totale. E sono 118 le Case di Comunità dotate di tutti i servizi obbligatori però senza la presenza di medici e infermieri (circa il 7%).
Gli Ospedali di comunità con almeno un servizio attivo sono circa 124, su un totale di 568 strutture previste, circa il 22%.
Sono invece 642 le Centrali operative territoriali (Cot) attive e pienamente funzionanti rispetto alle 650 programmate, di queste 480 hanno raggiunto il target di rilevanza comunitaria rendicontato dal Ministero della salute alla Commissione Europea. Le uniche strutture che superano il target in linea con gli standard previsti dal Dm 77/2022.
Questa la fotografia scattata dal Report nazionale di Agenas sui risultati del monitoraggio Dm 77/2022 relativo al secondo semestre 2024. Un monitoraggio che fotografa lo stato dell’arte sull’attivazione e le modalità di funzionamento delle strutture previste appunto dal Dm 77 con un focus sugli standard organizzativi, ma che non indaga sull’avanzamento dei lavori strutturali finanziati nell’ambito del Pnrr.
Se incrociamo i dati di Agenas con quelli dalla Cabina di regia sull’andamento dei lavori del Pnrr possiamo tirare alcune conclusioni. Allo scorso 20 febbraio, oltre il 90% dei cantieri per le Case e gli Ospedali della comunità risultavano attivati o avevano già concluso i loro lavori, seppur con alcune differenze a livello territoriale con le regioni meridionali che procedono a passo più lento in alcuni casi. Siamo a buon punto anche per la digitalizzazione dei Dea di pronto soccorso e gli investimenti in grandi apparecchiature. E si è già raggiunto il target previsto per la messa in sicurezza delle strutture ospedaliere (es. antisismica). I dati di Agenas non fanno però che confermare i timori espressi già da tempo, anche dagli stessi operatori sanitari, circa l’effettivo funzionamento di queste nuove strutture.
La percentuale di Case della Salute e Ospedali di Comunità con almeno un servizio obbligatorio attivato, a dicembre 2024, è lontanissima dal target fissato. E il dato diventa drammatico se andiamo scendiamo più nel dettaglio, guardando alla effettiva presenza di personale medico e infermieristico all’interno di queste strutture con i servizi già attivati. Meno del 3% delle Case della Salute può contare su una dotazione di personale capace di erogare quelle prestazioni che, sulla carta, queste strutture dovrebbero offrire ai cittadini sul territorio.
Il re è nudo: come offrire prestazioni ai cittadini in strutture ‘vuote’ di personale sanitario? Il rischio di aver speso miliardi per costruire delle vere e proprie cattedrali nel deserto sembra farsi sempre più concreto.
E tutto questo non fa che riproporre con forza il tema della riforma della medicina del territorio. Si pensa di poter colmare questo immenso gap con il passaggio alla dipendenza dei medici di medicina generale? Difficilmente una scelta simile sarà di per sé sufficiente, l’unica cosa certa è che non c’è più tempo per ulteriori rinvii. Una qualche decisione deve essere presa, prima che sia definitivamente troppo tardi.
Vediamo qual è lo stato dell’arte a livello regionale.
Delle 485 Case di comunità con almeno un servizio attivo a fine 2024, 138 erano in Lombardia, 125 in Emilia Romagna e poi a seguire il Veneto con 62 CdC, tallonata dalla Toscana con 42 strutture e dal Lazio con 38.
Sempre a livello regionale è l’Emilia Romagna la Regione con il maggior numero di Case di Comunità con la presenza di medici e infermieri con 13 Cdc attive, seguita dalla Lombardia con 10 Case di comunità. Nel Lazio ce ne sono 8, in Toscana 7, invece sono 2 in Veneto, Umbria e Molise, una in Liguria e nelle Marche.
Quella invece con tutti i servizi obbligatori dichiarati attivi ma senza la presenza medica e infermieristica è la Lombardia con 46 strutture seguita dall’Emilia Romagna con 26 CdC. 13 quelle presenti nel Lazio, 11 in Toscana. e poi alla spicciolata seguono la Liguria con 5 strutture, il Veneto con 4, in Umbria sono 3, nelle Marche, Molise e Sicilia sono due. Una in Calabria.
Per quanto riguarda gli Ospedali di comunità con almeno un servizio dichiarato attivo, la maggiore presenza si registra in Veneto con 43 strutture attivate sulle 71 previste, in Lombardia ce ne sono 25 attivi su 64. In Emilia Romagna sono invece 21 gli ospedali di comunità attivi rispetto ai 48 previsti. 7 in Toscana (27 quelli previsti) e Umbria (16 quelli previsti), 3 in Sicilia su 48 previsti, 2 in Abruzzo (11 quelli previsti), sempre 2 in Liguria, Marche e Molise e infine 1 in Campania su 61 previsti e sempre 1 in Sardegna sui 33 previsti.
E.M e G.R.